Notizie di Antonio Vivaldi
Cerca il tuo concerto1705, Opera I - una collezione di Sonate, ognuna in quattro movimenti e scritte per tre strumenti (2 violini e cembalo) che devono molto all’esempio di Arcangelo Corelli. Spicca tra esse una Sonata intitolata Variazioni su la Folia, una melodia popolare su cui si cimentarono molti compositori.
Dedicata ad Annibale Gambara, nobile. 1709, Opera II - Ancora un gruppo di Sonate per due strumenti (violino e cembalo) nello stile di Corelli. Qui, comunque, inizia a manifestarsi la fantasia inventiva di Vivaldi. Fu dedicata a Federico IV di Danimarca in occasione della sua visita a Venezia durante il Carnevale. 1711, Opera III – L’Estro Armonico- Temporaneamente libero dall’impegno dell’insegnamento all’Ospedale della Pietà, Vivaldi intraprende la sfida di creare una delle più ampie collezioni di concerti mai realizzate a Venezia, una sfida che lo porterà alla notorietà in tutta Europa. Stravolgendo la “regola” veneziana delle due parti di violino, Vivaldi ne scrive quattro per concerto, due primi e due secondi, un po’ come stava contemporaneamente accadendo a Roma (i Concerti Grossi di Corelli). L’Estro Armonico, influenze possibili a parte, è solamente vivaldiano per la sua ricchezza inventiva, esuberanza, gioia e calore mediterraneo. Adesso è Vivaldi che inizia ad influenzare i compositori europei, come avviene da subito per Johann Joachim Quantz e Johann Sebastian Bach. Nella dedica al Granduca di Toscana, Ferdinando, Vivaldi promette la prossima pubblicazione di 12 concerti per violino solo.
1714, Opera IV - La Stravaganza - Cavalcando il successo de L’Estro Armonico, Vivaldi pubblica una celebrazione della tecnica violinistica in 12 concerti. Ormai a suo agio con la forma del Concerto, supera le convenzioni spingendo al massimo la ricerca delle capacità del violino. Il numero 8 è l’emblema del suo lavoro e forse il più potente di tutti per temi e struttura. Dieci concerti sono in tre movimenti, veloce-lento-veloce, e quello centrale viene allungato e lavorato in netto contrasto con quelli esterni. L’impressione su chi li ascoltò per la prima volta deve essere stata fortissima: solo da un secolo la musica si era staccata dalla solennità della musica sacra vocale. Vivaldi stesso ne scrisse molta, ma accompagnandola a parte con una grande quantità di pagine non religiose e operistiche, dove riesce a sviluppare enormemente le tecniche strumentali cercando, allo stesso tempo, il piacere sonoro: è probabilmente questo il motivo -la novità, la sorpresa- che rende Vivaldi così popolare anche oggi. La Stravaganza è dedicata a Vettor Dolfin, nobile veneziano e suo allievo. 1716, Opera V - Una collezione di sei Sonate che sembrano scritte per compiacere il pubblico del Nord Europa, molto “trattenute” e con poca joie de vivre. Nessuna dedica. 1717, Opera VI - Sei Concerti per violino, reminiscenza quasi del primo Vivaldi, più che di Corelli. Non riporta dediche. 1721, Opera VII - Dodici concerti per violino per un nuovo ritorno alla forma che consideriamo ormai “il suono di Vivaldi”. Esistono dubbi sulla paternità di alcuni di essi, segnatamente dei due per oboe (accadeva che l’editore, in questo caso Roger, “completasse” una collezione a stampa di un compositore con brani di altri autori). Nessuna dedica.
1725, Opera VIII - Pubblicata ad Amsterdam, contiene Le Quattro Stagioni, quattro concerti per violino, ognuno dedicato ad una stagione dell’anno e accompagnato da un sonetto che descrive “l’intenzione” della musica. I dodici concerti dell’op. VIII sono chiamati dall’autore Il cimento dell’armonia e dell’inventione, un titolo che indica la perenne battaglia tra armonia, forma e razionalità contro la forza di invenzioni, fantasia e creatività. Un modo per spiegare l’uso vivaldiano della rigida forma-concerto che diventa strumento per l’immaginazione. La musica “programmatica” era fuori del comune nel periodo barocco e questi concerti sembrano rappresentare una tappa fondamentale (con le note accompagnate dalle parole esplicative) nella personalissima storia musicale di Vivaldi. L’opera VIII è dedicata al conte Wenzel von Morzin di Boemia. 1727, Opera IX - La Cetra - Questo gruppo di dodici concerti per violino enfatizza quanto Vivaldi aveva imparato componendo opere per il teatro: sono, infatti, pieni di melodiosità quasi vocali, lontanissime dal suo primo periodo. D all’imperatore austriaco Carlo VI, che lo ricompensò con una catenella e una medaglia d’oro. 1728, Opera X - Il gardellino - la sola collezione scritta per uno strumento che non fosse il violino e la prima in assoluto scritta per flauto, in sei concerti. Il flauto era uno strumento nuovo per il Barocco e venne introdotto alla Pietà durante l’impiego di Vivaldi probabilmente rimpiazzando il flautino, o “piccolo”: in questa collezione, solo il IV concerto è originale, gli altri rifacimenti di precedenti scritti appunto per quest’ultimo. Adeguato ad esprimere l’energica vitalità vivaldiana, il flauto nel primo concerto, La tempesta di mare, viene condotto ai limiti estremi, negando il normale uso di accompagnamento o di colore e divenendo invece protagonista del furioso temporale marino. Il secondo, La Notte, è uno dei brani più famosi del Barocco e di Vivaldi: contrariamente al titolo non è contemplativo, ma qualcosa di simile ad un incubo, ad un sonno agitato, con il flauto sempre in prima linea. Nessuna dedica.
1729, Opera XI - Ancora sei concerti per violino, con uno centrale per oboe, nello stile vivaldiano ormai familiare. Non sono indicati dedicatari. 1729, Opera XII – l’ultima collezione pubblicata da Vivaldi, un gruppo di sei concerti per violino, con nessuna dedica. § A questo punto Vivaldi interrompe la pubblicazione di musica di suo pugno, dichiarando che era molto più redditizio vendere direttamente i manoscritti. Esiste anche un’Opera XIII, Il pastor fido, dichiarata “di Vivaldi” dal suo vero autore, il musicista parigino Nicolas Chédeville, il quale rubò qualcosa anche da La Stravaganza per renderne più credibili le sonorità. Anche le sei sonate per violoncello della cosiddetta “Opera XIV” sono molto dubbie.